Dal Summit di Parigi al Global Health Summit di Roma, per l’Africa risultati deludenti

21/05/2021

Da Vita.it

di Nino Sergi, presidente emerito di INTERSOS e policy advisor di LINK 2007

Il Summit sul finanziamento delle economie africane convocato a Parigi dal presidente Emmanuel Macron è stato in buona parte, quella sui meccanismi di finanziamento, una scaltra mossa per attribuirsi autorevolezza e prestigio riprendendo proposte già elaborate in altre sedi, dal FMI alla Banca Mondiale, al Club di Parigi ai Ministri delle Finanze e alle Banche centrali del G20. Novità sono invece contenute nel timido avvicinamento alla proposta del presidente americano Joe Biden sulla temporanea sospensione dei brevetti dei vaccini anti Covid-19 al fine di permetterne la produzione in modo diffuso, ovunque esistano nel mondo le capacità per farlo, contribuendo al loro stesso rafforzamento.

La dichiarazione finale del 18 maggio 2021 sottolinea la gravità della recessione nel continente africano dopo 25 anni di crescita, che la pandemia sta aggravando in modo preoccupante. L’FMI stima un bisogno di almeno 285 miliardi di dollari di nuovi finanziamenti nel quinquennio 2021-2025 per gli investimenti indispensabili a non pregiudicare il graduale raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e quelli dell’Agenda 2063 dell’Unione africana.

Se sconfiggere la pandemia è la prima priorità, anche per impedire preoccupanti varianti del virus, il Summit ha proposto di accelerare tutti gli strumenti già messi in atto (Covax e Avatt in particolare) per far giungere all’Africa grandi quantità di vaccini. Come? La dichiarazione del leader parla di piena condivisione, sblocco dell’export, sostegno al commercio lungo tutta la filiera del valore, sviluppo delle capacità locali per la somministrazione e la produzione dei vaccini. Con una novità nella giusta direzione: “Ciò può essere facilitato dalla condivisione volontaria della proprietà intellettuale e dal trasferimento attivo di tecnologia e know-how, in conformità con i quadri giuridici internazionali, ad esempio messa in comune delle licenze e conclusione di accordi di produzione per consentire la produzione locale”. Già il 22 febbraio scorso LINK 2007 aveva inviato una lettera al presidente del Consiglio Mario Draghi per chiedere il sostegno dell’Italia alla richiesta di India, Sudafrica ed altri 150 paesi per la sospensione temporanea dei brevetti legati ai farmaci e ai vaccini contro il coronavirus fino al raggiungimento dell’immunità globale. E come LINK 2007 molte altre organizzazioni, tra cui il C20 e tante altre reti associative.

Nessuna grande novità invece per quanto riguarda l’ampliamento delle disponibilità di bilancio delle economie africane. Pur andando nella giusta direzione, gli impegni multilaterali e le iniziative supplementari elencate nella dichiarazione finale sono perlopiù sulla scia di quanto già deciso dalle Istituzioni finanziarie internazionali e le Banche Centrali o è in fase di avanzata discussione nell’ambito del G20.

Due le carenze che la presidenza italiana del G20 dovrebbe riuscire a superare trovando il consenso degli altri paesi partner: la limitatezza delle risorse finanziarie messe a disposizione e l’inadeguatezza di alcuni sacri principi del sistema finanziario internazionale. Questi sembrano rimanere intoccabili, anche di fronte ad una crisi grave come questa che sta ora gravemente colpendo le economie africane. Se al posto di economie parlassimo di persone, di milioni di donne, uomini, giovani, bambini, comunità che con aiuti meno rigidi e mirati potrebbero ripartire e provvedere al loro futuro, forse quei sacri principi potrebbero essere considerati meno sacri.

Secondo i dati pubblicati dall’AFD Agenzia Francese di Sviluppo prima della pandemia, il debito pubblico africano ammontava ad oltre il 60% del PIL complessivo del continente, pari ad una cifra di oltre 1.330 miliardi di dollari. Un peso di 1.000 dollari di debito per ogni cittadino africano.

Un’enormità. Il vertice di Parigi ha confermato l’emissione di diritti speciali di prelievo (Dsp) per un importo di 33 miliardi di dollari per l’Africa, di cui 24 miliardi per l’Africa subsahariana. “Chiediamo una decisione rapida su un’assegnazione di Dsp per un importo che dovrebbe raggiungere 650 miliardi di dollari, di cui quasi 33 miliardi destinato ad aumentare le attività di riserva dei paesi africani, incrementandolo appena possibile”. I fondi di riserva globali dell’FMI sotto forma di Dsp sono uno strumento vitale per fornire un sostegno rapido e incondizionato di risposta globale senza gravare ulteriormente sul debito. Le organizzazioni della società civile avevano chiesto una nuova assegnazione di 3.000 miliardi di dollari in Dsp, tre volte più dei 650 programmati dalle istituzioni internazionali.

Il Summit ha inoltre invitato il settore privato a mettere a disposizione risorse finanziarie e tecniche al servizio dello sviluppo del settore privato in Africa. Si tratta di un invito opportuno data l’importanza della crescita dell’imprenditoria privata africana e degli investimenti del settore privato a fianco di quello pubblico per colmare lacune nei settori produttivi e dei servizi basilari, per affrontare i cambiamenti climatici e in particolare per creare nuovi posti di lavoro stabili e dignitosi in Africa. Ma ancora una volta l’invito rimane esageratamente vago.

Il problema del debito pubblico in Africa può trovare adeguate soluzioni in ambito ONU e nelle istituzioni internazionali e intergovernative, in particolare nell’ambito G20. La rete LINK 2007 ha presentato alla Presidenza italiana del G20 e ad istituzioni europee e africane la proposta Release G20 che chiede una ristrutturazione flessibile del debito, parziale ma anche totale nei casi di default, attraverso la sua trasformazione in un Fondo SDG in valuta locale (una sorta di recovery fund) nominalmente pari al valore della riduzione concordata e vincolato ad investimenti sostenibili in linea con l’Agenda 2030. Tale Fondo, governato dalle Istituzioni locali con il coinvolgimento dei creditori originari e del FMI, può servire inoltre da leva finanziaria e garanzia su altri fondi e investitori, principalmente per investimenti privati e con l’obiettivo più generale di creare nuova e diffusa occupazione.

Pensare, come risulta dalla dichiarazione di Parigi, di rimediare alla crisi del debito africano proponendo innanzitutto ulteriore debito pare, sinceramente, una ricetta che ha già dimostrato di non reggere per molti paesi a basso reddito, dimostrando al contempo l’inadeguatezza di alcuni “sacri principi” del sistema finanziario internazionale.

ROMA, 21 Maggio

Anche nel G20 Global Health Summit di Roma, presieduto il 21 maggio dal presidente Draghi, ci sono state voci, timide per la verità, a favore della rinuncia temporanea alla proprietà intellettuale, a fianco dei pronunciamenti per il superamento delle disuguaglianze nell’impiego dei vaccini anche “perché produrrebbero ulteriori e più profonde disuguaglianze”. “La nostra priorità dev’essere vaccinare il mondo e farlo rapidamente ha dichiarato Draghi nel suo intervento. Ad oggi l’Africa ha ricevuto infatti molto meno dell’1% della produzione: 32 milioni di vaccini, con paesi che ancora non ne hanno per nulla beneficiato. Mentre più dell’80% delle dosi prodotte sono state somministrate nei paesi ricchi. È una situazione ritenuta “inaccettabile” dallo stesso Draghi e la Commissione europea si è impegnata ad acquistare a prezzo di costo – rinunciando le imprese farmaceutiche al profitto dopo averne già fatto in quantità spropositate – ed inviare ai paesi bisognosi 1,3 miliardi di dosi nel 2021 ed altrettanti nel 2022.

La dichiarazione finale di Roma rimane però alquanto deludente. Riprende quanto in summit analoghi viene affermato senza mai avere la certezza che le intenzioni si traducano in fatti concreti con la rapidità annunciata. Nessuna svolta sulla liberalizzazione dei brevettipur prevista dagli accordi TRIPS dell’OMC in casi di particolare gravità. Che non comprendono, occorre dedurne, l’attuale pandemia con le sue gravi conseguenze. Occorre certo proteggere la ricerca delle Big Pharma, l’assunzione del rischio, gli appropriati investimenti. Ma per il vaccino anti-Covid-19, le aziende farmaceutiche produttrici hanno già beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici per la ricerca e la copertura del rischio e la commercializzazione dei prodotti ha loro prodotto ricavi da capogiro.

La dichiarazione di Roma annuncia invece iniziative volte a “promuovere il sistema commerciale multilateralecon il ruolo centrale dell’OMC, catene di approvvigionamento globali aperte, resilienti, diversificate, sicure, efficienti e affidabili lungo l’intera catena del valore relative alle emergenze sanitarie, comprese le materie prime per produrre vaccini e per la produzione e l’accesso a medicinali, diagnostica, strumenti, attrezzature mediche, beni non farmaceutici e materie prime per affrontare le emergenze di salute pubblica”… E a “sostenere i paesi a basso e medio reddito per sviluppare competenze e capacità di produzione, movimentazione e distribuzione”. Insomma, impegni che sono o dovrebbero essere assunti nei normali rapporti di cooperazione bilaterale e multilaterale, anche in assenza di gravi pandemie come Covid-19.

Sui vaccini la dichiarazione propone di: “In uno spirito di solidarietà, unire gli sforzi per sostenere in particolare la produzione e la fornitura di vaccini e altre forniture e/o di finanziamenti per l’acquisto di vaccini, ai paesi a basso e medio reddito”. Le Big Pharma hanno avuto la meglio. Condivideranno volontariamente e a pagamento i brevetti già ben finanziati dalle Istituzioni pubbliche. E ne sono uscite elogiate dal Global Health Summit dato l’annuncio di garantire miliardi di vaccini a paesi a basso reddito, con i quali potranno condividere volontariamente e a pagamento i loro brevetti.

* presidente emerito INTERSOS e policy advisor LINK 2007