Il tumore pediatrico in Africa, un killer silenzioso

18/10/2021

di Cristina Cornelli, Direttore Fondazione Soleterre, associata alla rete Link2007, per Africa Rivista

Quando si parla di salute in Africa, l’accento è quasi sempre sulle malattie infettive (HIV, malaria, etc.), neonatali, materne e nutrizionali (CMNN – communicable, maternal, neonatal and nutritional), che attualmente costituiscono la causa principale di mortalità. Nel corso degli anni, però, il quadro è notevolmente mutato: da due decenni la proporzione delle malattie non-trasmissibili (malattie cardiovascolari, tumori, diabete e malattie respiratorie) è andata aumentando e un articolo pubblicato nel 2019 sulla rivista The Lancet prevede che entro il 2030 le malattie non-trasmissibili supereranno le CMNN in quanto principale causa di mortalità nell’Africa sub-Sahariana.

A livello globale le malattie non-trasmissibili rappresentano già la causa principale di mortalità: sono 41 milioni i decessi annuali, che corrispondono al 71% di tutti i decessi globali (di cui 17,9 milioni per malattie cardiovascolari, 9 per tumori, 3,9 per malattie respiratorie, 1,6 per diabete). Se si parla di tumore, in particolare di tumore pediatrico, grazie agli enormi progressi fatti dalla medicina negli ultimi decenni il tasso di sopravvivenza per i Paesi ad alto reddito è nell’ordine dell’80%. Tuttavia l’OMS stima che, dei 400.000 casi di tumore pediatrico diagnosticati a livello globale ogni anno, la maggior parte provenga da Paesi a medio e basso reddito (LMIC), dove il tasso di sopravvivenza è ancora estremamente basso: il tasso varia in relazione al tipo di tumore e alla regione, ma una stima calcolata sulla base di un modello di microsimulazione indica la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi per l’Africa orientale all’8,1%.

Le cause del bassissimo tasso di sopravvivenza in Africa e nei paesi LMIC sono molteplici, ma una delle principali risiede nel fatto che molto spesso i tumori non vengono diagnosticati, o vengono diagnosticati con troppo ritardo: attualmente si stima che un caso su due di tumore pediatrico non venga identificato nell’Africa sub-Sahariana a causa di limitazioni a livello di sistema sanitario, che comprendono difficoltà di accesso alle cure e alla diagnosi, oltre al processo di referral tra strutture periferiche e ospedali centrali.

Lo studio commissionato da Lancet Oncology prevede che tra il 2020 e il 2050 ci saranno 13,7 milioni di nuovi casi di tumore pediatrico e, se non avverranno cambiamenti significativi a livello dei sistemi sanitari, il 44% di questi non verrà diagnosticato. Questo significa che, sulla base dei tassi attuali di mortalità, 11,1 milioni di bambini moriranno di tumore, e 9,3 milioni di questi (pari al 84,1% del totale) saranno bambini che vivono in Paesi a basso e medio reddito.

I motivi di queste terribili statistiche, e dell’enorme divario tra i Paesi a basso e medio reddito rispetto a quelli ad alto reddito, sono molteplici. Alle cause strutturali intrinseche ai sistemi sanitari dei primi si sommano anche fattori legati alla disponibilità finanziaria della maggior parte della popolazione: i farmaci e le cure per il tumore spesso non sono accessibili per questioni di costo. In zone rurali o distanti dai centri ospedalieri specializzati i costi di trasporto per più cicli di terapia possono costituire un ostacolo. E con essi anche i costi di alloggio per periodi protratti nel tempo (le cure in media durano fino a 6-8 mesi), spesso nella capitale.

La lontananza del proprio nucleo familiare e di supporto implica il fatto che molte famiglie siano costrette a indebitarsi o a vendere i propri averi per fronteggiare spese straordinarie e impreviste. Infine, in molte società persistono credenze e leggende che portano le famiglie di bambini con tumore a temere di essere stigmatizzate, o a non fidarsi dei medici e preferire cure tradizionali. Pratiche che non fanno altro che ritardare il momento della diagnosi e diminuire così le possibilità di guarigione.

Anche tra molti operatori del settore sanitario permangono forti pregiudizi sull’epidemiologia e sulle possibilità di cura dei tumori pediatrici nei paesi a basso e medio reddito, pregiudizi che a loro volta contribuiscono a rafforzare le disparità tra i tassi di sopravvivenza nei paesi LMIC e in quelli ad alto reddito. Spesso si pensa che il numero di casi di tumore pediatrico non sia significativo nei LMIC, che le cure non siano accessibili, e che le stesse possano sottrarre risorse alla cura delle malattie trasmissibili, o da altre malattie per le quali esistono cure più largamente sperimentate.

Lo studio commissionato da Lancet Oncology illustra una serie di politiche e interventi efficaci, disponibili ad un costo contenuto, volte ad un miglioramento dell’accesso alle cure che, se applicati individualmente, contribuirebbero a un significativo innalzamento dei tassi di sopravvivenza nei paesi LMIC. Tra gli interventi ritenuti necessari c’è il miglioramento dell’accesso alla salute di base e del riferimento ai servizi di livello superiore, il miglioramento dei servizi sociali di supporto per la riduzione dell’abbandono delle cure, l’ampliamento della disponibilità e la qualità delle cure. Se applicati su larga scala, in maniera olistica e simultanea, si stima che il numero di morti previsto si ridurrebbe di più della metà, evitando la morte di 6,2 milioni di bambini tra il 2020 e il 2050, con la riduzione più significativa proprio nei paesi a basso e medio reddito.

Al fine di colmare l’enorme disparità nei tassi di sopravvivenza tra paesi a alto reddito e quelli a basso-medio, l’OMS nel settembre del 2018 ha lanciato l’Iniziativa Globale per il Tumore Pediatrico (Global Initiative for Child Cancer, GICC) nei Paesi a basso e medio reddito. L’obiettivo è raggiungere, entro il 2030, il tasso di sopravvivenza del 60% per i 6 tumori pediatrici principali (leucemia linfoblastica acuta, linfoma di Burkitt, linfoma di Hodgkin, retinoblastoma, tumore di Wilms, glioma a basso grado di malignità).

Una sfida che può essere colta innanzitutto creando network virtuosi di più organizzazioni internazionali che si danno come obiettivo l’innalzamento dei tassi di sopravvivenza e il miglioramento della qualità della vita di bambini e adolescenti malati di tumore. Occorre un intervento multi-disciplinare che guardi tanto al sistema sanitario nella sua complessità quanto alle ricadute in termini psicologici della malattia sui pazienti e le famiglie. Occorre lavorare insieme, innanzitutto, per combattere le disuguaglianze che ancora esistono nell’accesso alla diagnosi e ai trattamenti contro il cancro.